Biocombustibili, il "Santo Graal" dell'Energia Pulita

I Biocombustibili sono delle coltivazioni organiche utilizzate in image centrali a Biomassa allo scopo di produrre energia elettrica pulita. Alcuni tipi di raccolto, come quello della colza, del girasole o delle olive, hanno un alto contenuto di grassi vegetali che possono essere estratti con processi tecnologici. Girasole e colza, ad esempio, possono essere raccolti con mietitrici in grado di separare l'olio dal resto della pianta.

Nell'Europa del Nord, proviene dalla colza la maggiore produzione di olio ed esso è utilizzato, oltre che come combustibile, come genere alimentare e, nel residuo della spremitura, come alimento per animali. Nel resto d'Europa è il girasole ad essere coltivato per fini energetici.

In alcuni paesi si stanno sperimentando coltivazioni pilotate di vegetali a crescita veloce da utilizzare per produrre energia, ad esempio per alimentare piccole centrali elettriche come già avviene negli USA, in India e in Giappone.

Fra le sperimentazioni in corso si segnala la coltivazione di alcuni incroci ibridi del Miscanthus Giganteus detto Miscanto, un'erba graminacea alta fino a quattro metri con una notevolissima redditività potenziale (60 tonnellate di materia secca per ettaro, equivalenti a circa 60 barili di petrolio). Secondo le stime dell'Environmental Research Institute del Galles, se il Miscanto venisse piantato sul 10% delle aree coltivabili europee potrebbe fornire fino al 9% dell'energia elettrica consumata dall'intero continente. In Italia le sperimentazioni sul Miscanto vengono condotte dall'ENEA in Sicilia.

I biocombustibili hanno certamente una serie di vantaggi. L’uso dei biocombustibili comporta una marcata riduzione delle emissioni di CO2, responsabili dell’effetto serra: il britannico Defra (Department of Environment, Food, Rural Affairs) stima che nel ciclo di vita di una tonnellata di biocombustibile si producono 0,9 tonnellate di CO2 contro le tre tonnellate prodotte da benzina e diesel. La CO2 rilasciata durante la combustione, infatti, è stata sottratta dall’atmosfera al momento della crescita del vegetale, avvenuta mesi e non milioni di anni prima. Tuttavia, a parte l’etanolo derivato da cellulosa, direttamente impiegabile come combustibile, il ciclo non è completamente chiuso per l’energia necessaria nel processo di trasformazione. I biocombustibili generano inoltre minori emissioni di monossido di carbonio, anidride solforosa e particolato rispetto alla benzina e al diesel.
Ma anche in questo caso la tecnologia non è la panacea di tutti i mali, viene in messa in mano agli uomini e sta a loro e alla loro sapienza impiegarla nel modo migliore. Pensare di sostituire, agli attuali e previsti futuri livelli di consumo, i carburanti fossili con i biocombustibili è difficile, se non impossibile. Il rischio, lanciato da Lester Brown, fondatore del Earth Polity Institute di Washington (filiazione del WorldWatch Institute da lui stesso fondato negli anni ‘70), è quello di mettere in competizione la produzione di derrate alimentari, che saranno già messe sotto pressione dai cambiamenti climatici, con quella di carburanti per trazione; o, detta in altre parole, gli oltre 6 miliardi di abitanti sulla terra con gli 800 milioni di veicoli circolanti.

Di seguito un video che mostra la storia e l'evoluzione del mercato dei biocarburanti.

 

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