Il Fotovoltaico potrebbe essere ad una svolta. Gli scienziati che hanno lavorato alla ricerca li chiamano scherzosamente “imbuti solari” ma per gli addetti ai lavori non sono altro che nano-antenne di carbonio capaci di concentrare l’energia solare in entrata di cento volte rispetto un dispositivo fotovoltaico tradizionale.
Dietro allo studio ci sono ancora una volta gli ingegneri del Massachusetts Institute of Technology (Mit), guidati dal professor Michael Strano e ricorsi ai nuovi dettami della nanotecnologia per creare una sorta di minuscole strutture recettive capaci di catturare e concentrare la luce visibile.
Gli ‘imbuti’ di Strano sono costituiti da una corda fibrosa di circa 10 micrometri di lunghezza e quattro micrometri di spessore, contenente circa 30 milioni di nanotubi di carbonio.
La novità apportata dalla ricerca in questione è di aver impiegato due strati di nanotubi con diverse proprietà elettriche e in particolare con una differente banda fotonica proibita (un gap di banda più elevato esternamente ed uno più piccolo internamente). Quando l’energia colpisce il materiale – spiega Strano – tutti gli eccitoni, ossia l’interazione tra un elettrone e la sua lacuna, si portano al centro della fibra, dove si convogliano.
La squadra di Strano è la prima ad aver messo a punto fibre di nanotubi in cui si possono controllare le proprietà dei diversi strati. Il team non ha ancora sviluppato un dispositivo fotovoltaico utilizzando l’antenna, ma è convinto degli ottimi risultati che si avrebbero nella tecnologia solare, soprattutto se tale imbuto venisse realizzato intorno a un nucleo di materiale semiconduttore. La conseguenza, spiegano, sarebbe la concentrazione dei fotoni prima che la cella solare li converta in energia elettrica.
“Invece di avere il vostro tetto interamente coperto da moduli fotovoltaici – spiegano i ricercatori – potreste avere delle piccole macchie che non sono altro che minuscole celle solari, con antenne che guiderebbe i fotoni al loro interno”.
rinnovabili.it
foto: http://www.earthcare.it/
Dietro allo studio ci sono ancora una volta gli ingegneri del Massachusetts Institute of Technology (Mit), guidati dal professor Michael Strano e ricorsi ai nuovi dettami della nanotecnologia per creare una sorta di minuscole strutture recettive capaci di catturare e concentrare la luce visibile.
Gli ‘imbuti’ di Strano sono costituiti da una corda fibrosa di circa 10 micrometri di lunghezza e quattro micrometri di spessore, contenente circa 30 milioni di nanotubi di carbonio.
La novità apportata dalla ricerca in questione è di aver impiegato due strati di nanotubi con diverse proprietà elettriche e in particolare con una differente banda fotonica proibita (un gap di banda più elevato esternamente ed uno più piccolo internamente). Quando l’energia colpisce il materiale – spiega Strano – tutti gli eccitoni, ossia l’interazione tra un elettrone e la sua lacuna, si portano al centro della fibra, dove si convogliano.
La squadra di Strano è la prima ad aver messo a punto fibre di nanotubi in cui si possono controllare le proprietà dei diversi strati. Il team non ha ancora sviluppato un dispositivo fotovoltaico utilizzando l’antenna, ma è convinto degli ottimi risultati che si avrebbero nella tecnologia solare, soprattutto se tale imbuto venisse realizzato intorno a un nucleo di materiale semiconduttore. La conseguenza, spiegano, sarebbe la concentrazione dei fotoni prima che la cella solare li converta in energia elettrica.
“Invece di avere il vostro tetto interamente coperto da moduli fotovoltaici – spiegano i ricercatori – potreste avere delle piccole macchie che non sono altro che minuscole celle solari, con antenne che guiderebbe i fotoni al loro interno”.
rinnovabili.it
foto: http://www.earthcare.it/
Chiedo anticipatamente scusa per l'ignoranza, ma se si tratta esclusivamente di ridurre l'impatto architettonico dei pannelli su di un tetto, non basterebbero delle lenti di Fresnel qua e là?
RispondiEliminaCiao. Il problema non è tanto l'impatto architettonico quanto risparmiare silicio per produrre energia elettrica. Di conseguenza risulterebbero abbattuti i costi degli attuali moduli fotovoltaici.
RispondiEliminaSaluti