Batteri sulla Luna: no. Sono stati portati dall'Uomo

La sopravvivenza sulla Luna di una colonia batterica terrestre trovata sulla fotocamera di Surveyor 3, come sempre è stato riportato in tutti i report sulle missioni lunari, è un falso. Gli scienziati lo hanno dimostrato, rivelando la loro scoperta al meeting ‘The Importance of Solar System Sample Return Missions to the Future of Planetary Science’, sponsorizzato dal Planetary Science Division and Lunar and Planetary Institute della Nasa, che si è tenuto nel Marzo scorso in Texas (Usa).

Ricostruiamo la storia:



20 Aprile 1967: Surveyor 3, il terzo lander lunare lanciato dagli Usa sulla Luna prima delle missioni Apollo, tocca il suolo del nostro satellite.

19 Novembre 1969: Pete Conrad e Alan Bean, a bordo della missione Apollo 12, arrivano sulla Luna e raccolgono alcuni strumenti che erano a bordo del lander, riportandoli al rientro sulla Terra.

Ed ecco la scoperta: sulla fotocamera installata vi era un batterio, uno Streptococcus mitis, di origine terrestre. Da lì la deduzione: la fotocamera si era accidentalmente contaminata prima del lancio e il microorganismo era sopravvissuto per 2 anni e mezzo sulla Luna, resistendo al lancio, al vuoto dello spazio, alle temperature lunari glaciali (intorno ad una media di -253°C), nonchè alla scarsità, se non assenza, di nutrimento.

Ma dietro tutto questo si celava un mistero, che ora un gruppo di ricerca guidato da John Rummel, presidente del Panel on Planetary Protection del Committee on Space Research (Cospar), l’organizzazione scientifica interdisciplinare dedicata al progresso internazionale in tutte le aree di ricerca scientifica effettuata con veicoli spaziali, ha svelato, in collaborazione con studiosi della Nasa stessa: gli astronauti continuarono a contaminare la fotocamera al rientro a terra, quindi le analisi effettuate dopo la missione trovarono batteri che provenivano dagli astronauti stessi. Lo stesso Rummel afferma infatti :”[Gli astronauti] trovarono solo la propria contaminazione”.

Questa scoperta placa gli animi di chi sostiene la teoria secondo lui i semi della vita (in senso figurato) sono sparsi nell’universo e che quindi non abbia senso cercare l’origine della vita, perché questa è antica quanto la materia stessa (panspermia), ed è stata compiuta analizzando cosa realmente è successo in quel periodo. Infatti si è trovato che coloro che parteciparono alle analisi dell’epoca indossavano dei camici con le maniche corte, che lasciavano quindi scoperte le braccia. Inoltre la parte finale delle maniche era al di sopra del misuratore e quindi poteva essere sorgente di particolato inquinante.

Questi dati sembrano porre fine ad un pluridecennale mistero e fungono da monito per le prossime missioni. Rummel infatti, alla luce di questa scoperta, precisa: “Nel controllare le contaminazioni, dobbiamo essere estremamente più attenti di quanto fu fatto con la fotocamera di Surveyor 3, altrimenti i campioni che verranno da Marte potrebbero risultare ricoperti di 'vita terrestre' al loro rientro, impedendoci di scoprire se abbiamo portato sul nostro pianeta vita di Marte. Possiamo e abbiamo il dovere di fare un lavoro migliore con i campioni che rientreranno dalla missione su Marte”.

Fonte: nextme.it

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